Metascore
83

Universal acclaim - based on 18 Critic Reviews

Critic score distribution:
  1. Positive: 16 out of 18
  2. Negative: 0 out of 18
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  1. 60
    More immediate songs such as In the Same Room are ineffably breezy, while other tracks illustrate her handle on ancient Greece (This is Ekstasis) and the uncommon control she has over textures and motifs, atmospheres and vocoders.
  2. Mar 27, 2012
    60
    Ekstasis is a lovely record. Bedroom pop that floats and swoons, it has a lightness to it at the same time as a real sense of seriousness and ambition.

Awards & Rankings

User Score
8.4

Universal acclaim- based on 33 Ratings

User score distribution:
  1. Positive: 31 out of 33
  2. Negative: 0 out of 33
  1. Aug 25, 2022
    7
    Quietly intimate avant-garde chamber pop folk thatvfeels like if Joanne Newsome had to whisper
  2. Feb 5, 2014
    9
    E’ forse esagerato scrivere che, al confronto di ‘Ekstasis’, il successore ‘Loud city song’ sembri Dusty Springfield, ma le dieci austereE’ forse esagerato scrivere che, al confronto di ‘Ekstasis’, il successore ‘Loud city song’ sembri Dusty Springfield, ma le dieci austere tracce che compongono questo lavoro costringono assai di più l’ascoltatore a un ascolto attento e partecipe: non è possible utilizzarne la musica come sottofondo ad altre attività, altrimenti sembrerebbe solo un’accozzaglia di suoni spesso incoerenti e fastidiosi. Porgendo l’orecchio, invece, si entra nel brumoso mondo – ben rappresentato dalla foto sfocata in copertina -costruito dalla musicista statunitense che, utilizzando soprattutto l’elettronica e la sua voce, rende affascinante sonorità che, sovente sussurrate, esplorano tutta la scala dei grigi. La costruzione dei brani è a volte simile. Su un tappeto sintetico, la parte vocale è sovrapposta - a volte in più strati e in molti casi filtrata - per poi librarsi all’improvviso verso accenni operistici oppure orientaleggianti: in mezzo a questi tranquilli marosi, emerge di tanto in tanto una delicata melodia che, seppure minoritaria, finisce per dare senso e coesione al tutto. Tra Laurie Anderson e Kate Bush si articolano così i primi tre pezzi, con l’apertura di ‘Marienbad’ che si sviluppa nelle successive ‘Our sorrows’ e ‘In the same room’ quasi che fossero uno scendere nel dettaglio di quanto delineato nel brano iniziale: il terzo titolo, più corto, mette in risalto un battito elettronico di maggior rilievo e, soprattutto, delinea quei profili d’Oriente che poi vengono portati in primo piano in ‘Four gardens’, fascinoso brano labirintico in cui sono presenti anche la filastrocca, i momenti sognanti e il brusco ritorno sulla terra rumoristico regalato dal clarinetto schizofrenico di Max Kaplan. Al termine di ‘In the same room’ – e un attimo prima della stucchevolezza – c’è pero uno scarto: non di ritmo, chè tutto il disco si muove su di un ipnotico andamento rallentato, ma di atmosfera con quello che si potrebbe anche definire un blues. ‘Boy in the moon’ è una sorta di omaggio ai Velvet Underground (c’è anche la viola di Catherine Lamb) sotto metaqualone: per metà ‘Sunday morning’ (Julia abbandona il preferito registro alto per uno assai più grave che la avvicini a Nico) e per metà ‘European son’ con tanto di deriva cacofonica, ma tutto in tempi talmente dilatati che, se si trattasse di un tessuto, parrebbe sempre lì lì per strapparsi. Un certo qual approccio da camera unito a un cantato che può ricordare Enya – di nuovo, e anche di più, la filastrocca – rischiara leggermente l’ambientazione nella successiva ‘Für Felix’ mentre subito a seguire ‘Goddess eyes II’ recupera gli stilemi dei primi pezzi solo con una punta di accessibilità in più. Detto che è molto interessante anche il folk raggelato di ‘Moni Mon Amie’, non si può non sottolineare la chiusura di ‘This is ekstasis’: un altro blues spettrale che sembra riassumere tutto il disco seppur allontanandosene attraverso l’utilizzo di molti strumenti ‘analogici’ come il disturbante sassofono di Casey Anderson. Quando svaniscono gli ultimi secondi dei quasi nove minuti che ne costituiscono la durata, all’ascoltatore sembra che gli sia sfuggito qualcosa (di sicuro le colte citazioni d’ambito poetico che Holter distribuisce qua e là) e si ritrova a ricominciare l’ascolto per cercare di cogliere le mille sfumature di un lavoro difficile ma affascinante. Full Review »
  3. Aug 18, 2013
    10
    This is amazing. So many musical ideas flowing throughout the songs all coming together beautifully. This a real artistic achievement, justThis is amazing. So many musical ideas flowing throughout the songs all coming together beautifully. This a real artistic achievement, just brilliant. If this doesn't deserve a perfect score then i don't know what does. Full Review »